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Reskilling: la parola magica del lavoro 2.0

Torna indietro  Settembre 2020venerdì 18 settembre 2020

 

 

Reskilling è la parola magica del mondo del lavoro 2.0, quello basato sul multimedia e sulla necessità di una formazione continua. I più tradizionalisti potrebbero non essere d’accordo sull’uso di questo termine, entrato ormai di diritto nel vocabolario italiano, e che alla fina va ad indicare ‘semplicemente’ la capacità di reinventarsi.


Almeno questo è il significato prosaico del termine, perché alla base del reskilling vi è un lavoro enorme da fare su se stessi per acquisire nuove competenze, perfezionarsi e far sì che il proprio profilo possa diventare appetibile all’interno del mercato del lavoro attuale.


Le statistiche riferite al settore occupazionale parlano chiaro ed evidenziano dati piuttosto esplicativi, per certi versi preoccupanti: nei prossimi anni milioni di lavoratori potrebbero essere costretti a cambiare mestiere. Crisi, ma non soltanto: anche modelli sociali che ormai sono mutati e che necessitano di figure nuove. In sintesi, se il mondo del lavoro varia alla velocità della luce, chi ha voglia di accedere deve essere pronto, a sua volta, a cambiare rapidamente competenze e professionalità.

 

 

Colmare il gap di competenze con il reskilling

 

Gli ultimi accadimenti poi hanno impresso una accelerata a questo processo: causa Covid il mercato del lavoro è cambiato repentinamente, soprattutto negli strumenti da utilizzare (leggi: quali saranno le competenze professionali più ricercate dopo il Coronavirus).


L’attività di reskilling, legata a doppio filo con la formazione, serve per andare a colmare il gap di competenze; processo riferito sia al lavoratore che alle aziende, per le quali, spesso, può essere più conveniente formare personale già presente, indirizzarlo verso nuovi settori (ovviamente dopo un ciclo formativo) piuttosto che assumere lavoratori nuovi.


Che dire delle tante figure professionali che, nonostante sembri un paradosso, non si trovano sul mercato del lavoro, mettendo le aziende in difficoltà per riempire quei buchi? Quanto di questo ha a che fare con il concetto di reskilling? Tanto, ovviamente. Alcuni studi dimostrano, ad esempio, che in molto paesi UE quasi ¼ dei lavoratori non ha sufficienti competenze digitali per affrontare il mercato attuale.

 

 

Affrontare le nuove sfide rimodellando la forza lavoro

 

La questione non è quindi legata ad assumere nuovi dipendenti o meno, ma a non poter contare su una forza lavoro in grado di rispondere alle esigenze del mercato. Ed in questi casi ci si può rivolgere ad attività di reskilling dei propri dipendenti già presenti in azienda, senza dover necessariamente ricorrere alla ricerca di nuovo personale.


Una riqualificazione che presenta costi legati alla formazione ma che è indispensabile affrontare. Soprattutto in paesi come il nostro, se è vero che l’Italia è uno dei paesi con la forza lavoro più vecchia, formatasi quindi quando ancora il web non era neanche stato pensato. Ecco perché quando si parla di reskilling si finisce spesso per menzionare la formazione in rete, soprattutto l’e-learning: affrontare un percorso di formazione professionale può essere molto più facile seguendo canali virtuali, senza dover sacrificare troppo tempo del proprio lavoro.


Una sfida da non sottovalutare anche perché, secondo il Fondo Monetario Internazionale (fonte The Impact of Workforce Ageing on European Productivity), l’Italia, per quanto sopra detto, sarà insieme alla Grecia il paese maggiormente esposto a perdite di produttività proprio a causa dell’invecchiamento della forza lavoro. Ed allora sarebbe bene iniziare a pensare seriamente ad un reskilling, sfruttando al meglio i vari strumenti di formazione ad oggi presenti, soprattutto quelli virtuali di facile approccio.